Sto imparando l’essere vulnerabile. 🦢

Sto imparando l'essere vulnerabile

Vulneràbile agg. [dal lat. vulnerabĭlis, der. di vulnerare «ferire»].
Che può essere ferito. [… ] (Fonte Treccani)

Il titolo così come l’introduzione a quanto seguirà, possono sembrare una provocazione, un invito alla fragilità o sembrano una premessa a un articolo sulla psicologia ma non è così.
Si tratta, come sempre, del frutto di mie esperienze personali e di riflessioni su tematiche che sento particolarmente a cuore.

Infatti è da qualche giorno che rifletto su cosa significhi secondo me “vulnerabilità, cosa comporti rendersi vulnerabili.

Ho cercato questa parola sul dizionario e ho notato che viene usato anche come sinonimo di “fragilità”, mentre leggendo alcuni articoli di operatori nel campo della psicologia ho letto di una distinzione tra le due condizioni.

Alla base della fragilità ci sarebbe un essere deboli a causa di una instabilità che predispone l’individuo alla rottura.

Vulnerabile sarebbe invece colui che può essere ferito, ma senza necessariamente rompersi perché può aver sviluppato la capacità e acquisito le risorse per restare in piedi e integro.

Personalmente sono molto d’accordo con questa distinzione, semplicemente perché la riconosco funzionale dentro di me.

A seguito di un evento inaspettato accadutomi poco tempo fa, piacevole ma spiazzante che mi ha colto impreparata, mi sono ritrovata a decidere nell’arco di pochi secondi se rischiare di vedermi fragile e impaurirmi o se rendermi vulnerabile e quindi disponibile a un’apertura verso la curiosità.

Evidentemente ho scelto la seconda opzione perché, nonostante il “sudore freddo” sono rimasta intatta e addirittura rapita da una profonda piacevolezza.

Raccogliendomi dentro di me, mi sono chiesta: «Serena, cos’è per te la ‘vulnerabilità’, cosa significa per te?»

In attesa di una risposta esauriente, ho sentito crescere una certa inquietudine e mi sono resa conto di essere sempre stata molto rigida nei miei confronti a riguardo.

Soprattutto da quando ho iniziato il mio percorso esperienziale spirituale o meglio ancora di spiritualità applicata, sono andata avanti per un po’ con la errata convinzione di dover diventare talmente integra da essere impeccabile, infallibile, con un comportamento perfetto.

Ho creduto che ciò fosse un dovere qualora avessi voluto essere di esempio per gli altri grazie alla serenità da me raggiunta dopo averla a lungo soffocata fino a stare male, testimoniando così che anche dopo molta sofferenza si può rinascere; che se anche non si risolve tutto, si può fare del nostro meglio per raggiungere la miglior qualità di vita possibile. 

Poi ho compreso che per essere davvero serena fino in fondo, avrei dovuto correggere tale convinzione e mollare la presa; permettere al mio cuore di spalancarsi per percepire l’ebrezza, la vertigine del non controllo, lo stupore del bimbo davanti all’inaspettato.

Per me “vulnerabilità” significa “apertura” alla viva curiosità di chi intende vedere i propri sogni manifestarsi e significa permettersi di “ricevere” i frutti di tale manifestazione.

Non un’apertura ingenua, perché sto imparando a valutare consapevolmente l’impatto delle mie azioni, ma un’apertura che nasce dal coraggio di mostrarmi al mondo e dalla fiducia che qualsiasi cosa accada, io ho in me la forza e gli strumenti per affrontarla e trovare un beneficio, un elemento per girare la situazione a mio favore.

Ho avuto successo in questo molte volte e quindi non potrò che continuare ad averne, sicura di questa memoria fattasi ormai risorsa. 

Dunque, se fossi un chirurgo sezionerei la parola vulnerabilità in due focalizzandomi su “abilità” per cui se anche il dizionario scrive che “posso essere ferita”, incluso nella parola intera c’è un indizio che mi assicura che in me ho l’abilità (almeno potenziale) di affrontare la minaccia. 

Potrò cadere a volte, ma so di essere ricca della mia consapevolezza e della possibilità di ricevere aiuti per vie e per mezzi a volte inaspettati .

Se volessi giocare ancora con le parole, potrei scomporre abilità, anzi “abile” in “a-bile” intendendolo alla greca come alfa privativo + bile e quindi: “senza bile”.

La mancanza di apertura del cuore che si nasconde sotto una corazza di “se” e di “ma” può portare questo cuore a cristallizzarsi e il povero fegato a gonfiarsi di rabbia!

Sto imparando l’essere vulnerabile: l’opportunità di vivere e crescere mostrandomi nuda all’esterno, preservando l’integrità di quel nucleo stabile del mio essere frutto di una costante maturazione che continua a stupirmi, nonostante qualche tegola voli ogni tanto… !

Sto ultimando lo smantellamento della corazza che a lungo ha avvolto il mio cuore. 
I colori mi avvolgono e io li uso come pastelli per curare il grigiume quando fa capolino.

Sto imparando che l’essere vulnerabile è un lusso che può concedersi chi si arrende alla saggezza del cuore, permettendosi di essere un nobile Umano.

Non devo essere un super eroe, non voglio rispondere all’ideale di una divinità senza imperfezioni (Achille ne sapeva qualcosa…).

Io sono il mio Eroe perché sono abile a camminare con la schiena dritta ma anche inciampare sapendo che, se anche dovessi ferirmi, cadrei su me stessa dritta tra le mie braccia.

Derea

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