“Lapalissiano”

Lapalissiano

Ricordo il giorno in cui la parola “lapalissiano” è entrata nella mia vita.
Io amo i termini semplici, perché sono diretti, così nudi che il significato splende, a volte urla.

Era il 2007 e lavoravo al telefono per il servizio clienti di una multinazionale americana a Roma. Noi operatori avevamo il dovere di utilizzare un linguaggio chiaro, termini semplici adatti a tutti, per dargli informazioni trasparenti e complete affinché potessero capire. A me veniva facile, sarà per il nome che porto!

Dunque, una mattina ero al mio tavolo di lavoro in attesa della prossima chiamata e d’un tratto mi sono concentrata sull’ascolto del collega che era seduto alle mie spalle, intento a spiegare ad una signora in difficoltà.
Questo ragazzo era più giovane di me, più acculturato e amante del sofisticato, abbastanza impostato, amava un po’ atteggiarsi, e durante quella conversazione ha esclamato spazientito «Ma signora, è LAPALISSIANO !» e poi il silenzio.

Io ho sgranato gli occhi mentre la mia mente cercava di sillabare quella lunga parola sentita per la prima volta, nonostante i miei ventisette anni.
Destatami, ho iniziato a ridere di nascosto, perché immaginavo l’espressione della signora in quel momento di vuoto finale, ma soprattutto per il contrasto creatosi tra l’intenzione d’aiutare una persona che aveva difficoltà a capire dei meccanismi e la chiusura del dialogo affidata ad un termine elaborato che per pronunciarlo, devi prendere un giorno di ferie!

Da allora, quando sento dire o leggo “lapalissiano”, sorrido ripensando a quel caro collega che camminava sempre a testa alta, indossando lunghe e colorate tuniche africane. Era la sua bella natura.
Ma io immagino un dialogo:

CHIARO: vorrei sapere perché si debba fare fatica a pronunciarti, cos’hai più di me che sono di comprensione così immediata?

LAPALISSIANO: orsù, io ho un certo portamento e sono il prodotto d’una forbita ricerca. Odimi: “L-A-P-A-L-I-S-S-I-A-N-O”. Noti la classe? Indosso un frac dalla coda lunga ma sai, non sempre è un gaudio.

CHIARO: cosa intendi? Perché mai?

LAPALISSIANO: termino in -ANO!

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