“Ti lancio un libro!” Consigli di lettura

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi - La pietra della follia

“Ti lancio un libro!” Non è una minaccia, ma uno scherzoso modo di lanciare un’idea per una lettura. Non faccio recensioni ma suggerisco uno o più libri – nuovi o pubblicati da tempo – in base alla mia esperienza, con l’augurio che possa incuriosirvi. Attento


che arrivaaa

Ieri ero a Roma e passando davanti a una libreria, ho sentito il bisogno di prendere un libro per intrattenermi durante il mio viaggio di ritorno a casa, in treno. Ne ho comprati due, di quelli piccoli e sottili, che a volte sono nascosti su qualche scaffale, quasi soffocati da tomi dalle pagine infinite (a cui sono allergica, va beh!). Altre volte si trovano su uno scaffale a parte, sotto la voce “Consigli del libraio”. Li amo perché si leggono durante il tempo d’esperienza di un’ora; durante un viaggio. Ma sappiamo bene che ‘libretto’ non corrisponde necessariamente a leggero e facile.

Primo libro: “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, di Cesare Pavese

Scheda
Tipologia: raccolta di poesie
Casa editrice: Einaudi, 1981
Pagine: 41
Edizione: 8

Una raccolta di bellissime e struggenti poesie d’amore che lo scrittore, poeta, traduttore e critico letterario italiano, Cesare Pavese, dedica alla donna che ama non corrisposto, l’attrice americana Constance Dowling. Sono poesie scritte tra l’11 marzo e l’11 aprile del 1950, in cui il poeta si muove in bilico tra l’amore per il suo amato “viso di primavera” e la morte, perché ogni speranza di vivere insieme questo sentimento viene meno.

Descrizione di Massimo Mila
«Le poesie di “Verrà la morte” non attingono alla vena epica di “Lavorare stanca”. Dall’oggettivazione narrativa fanno ritorno al soggettivismo lirico, ma trascendono l’antico limite della confessione e dello sfogo nella sottile sapienza d’un linguaggio poetico che si fa numero, immagine, valore musicale.»

Di seguito una delle poesie che amo di più.

“The cats will know” (I gatti lo sapranno), di Cesare Pavese

Secondo libro: “La pietra della follia”, di Benjamìn Labatut 

Scheda
Tipologia: letteratura spagnola, latino-americana
Traduzione: Lisa Topi
Casa editrice: Adelphi, 2021
Pagine: 77, 1 immagine a colori sul controfrontespizio
Collana: Microgrammi numero 13

Risvolto
«Come e quando gli incubi di Lovecraft, le visioni di Philip K. Dick e l’inquietante matematica di Hilbert – sciolti nell’inferno che chiamiamo Rete – abbiano finito per diventare qualcosa che assomiglia al nostro mondo. O peggio, che lo è.»

Il libro è introdotto dall’immagine a colori di un dipinto di Hieronymous Bosch dal titolo “L’estrazione della pietra della follia”, che dà anche il nome alla prima delle due sezioni in cui è diviso il libretto. La seconda parte è intitolata “La cura della follia”.

Hieronymous Bosch, "L'estrazione della pietra della follia"
Hieronymous Bosch, “L’estrazione della pietra della follia”. 1490 c.ca. Museo del Prado, Madrid.

Dopo il dipinto, c’è una citazione di Antonio Gramsci, con una frase che trovo tristemente vera e davvero attuale.

Mi chiedo, davvero la follia riguarda solo pochi? Inoltre, siamo sicuri che non possa essere una risorsa benefica se ‘lucida’? Un modo diverso di vedere e di comprendere la realtà. Dalla follia di artisti, letterati o scienziati – aggiungerei anche gente comune – si manifestano mondi. La Legge del caos…E se la troppa razionalità rendesse ciechi?

Lo scrittore cileno Benjamìn Labatut, classe 1980, in un libro così piccolo tratta una tematica così follemente complessa, con un linguaggio semplice e sintetico che stimola interrogativi pesanti come una pietra.

Antonio Gramsci

«Attenti! Sate attenti! Dio vi vede!» Urla la vittima nel dipinto di Bosch a cui stanno ‘trapanando’ il cervello per rimuovere una pietra. Che stanno combinando?

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