Ci siamo incontrate – per l’ultima volta – davanti all’entrata principale dell’Ospedale, nel 2021. Io ero appena stata nel reparto per la prima “pompata” all’espansore messo al seno sinistro, in attesa della protesi definitiva dopo l’intervento di recidiva.
Tu arrivavi, recando in mano una sfilza di cartelle. Bella, elegante come sempre, i capelli fatti, e quegli occhi, quel sorriso che restano impressi nel cuore di chi t’incontra. Sono rimasta malissimo quando mi hai detto che ti stavi sottoponendo alle cure palliative.
E proprio in quei momenti, mentre ci guardavamo negli occhi, ho cominciato ad avere un abbassamento di pressione. L’espansore stava dilatando muscoli e stava prendendo spazio, pugnalandomi al petto come una daga. Un dolore tremendo.
Mi sono ridestata, sulla panchina davanti all’entrata esterna che porta al reparto d’oncologia. Avevo il corpo all’ombra, ma il viso era riscaldato dal sole di luglio che asciugava il mio sudore.
Aprendo gli occhi ti ho vista piegata davanti a me; tenevi ancora strette le tue cartelline, premute al petto, e sorridendomi, con voce pacata mi hai detto: «Come ti senti? Che bello, la tua fronte sta brillando per le gocce di sudore illuminate da sole».
Io ho sgranato gli occhi e respirando profondamente, ti ho sorriso. I nostri occhi hanno ripreso ad abbracciarsi.
È un ricordo riaffiorato in questo momento, che fa male per quella sofferenza personale per me riaffacciatasi e perché oggi tu fisicamente non ci sei più.
Ma è un ricordo meraviglioso perché ricordo bene quello sguardo finale: eravamo bellissime; eravamo colorate dell’oro del sole.
Grazie Eli.
Ora questa memoria come una barchetta di carta riprende il flusso delle correnti e si immerge di nuovo, perdendo man mano forma, ma è parte d’un tesoro che porto con me. Sempre.
Serena
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