Ricevo e pubblico – non posso dire con piacere, perché queste cose non dovrebbero accadere in un Paese civile e sviluppato – questa lettera da Marco Petruzzella, di Milano, che ho avuto il piacere di conoscere durante la presentazione di una raccolta a cui partecipa come scrittore.
Questa volta è nelle vesti di un Papà che scrive un appello alle maggiori forze politiche italiane, perché suo figlio, con un’importante disabilità, possa ricevere un aiuto e come lui altri che si ritrovano nella situazione di seguito descritta, invece di vedere rispettato e onorato il loro diretto alla Salute e all’Assistenza.
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Lettera aperta al Signor Presidente del Consiglio, al ministro della salute e soprattutto a tutte le forze politiche di opposizione.
Sono il papà di un bimbo di 10 anni affetto da tetra paresi da paralisi cerebrale infantile.
Mi rivolgo a tutti voi anteponendo un paio di premesse:
Non parlo a titolo personale ma a nome di tutti i genitori e famigliari dei disabili che necessitano di particola cure, attenzioni e realizzazione dei diritti di base riguardanti la salute, la dignità, la vita.
Non parlerò, anche se sarebbe opportuno ed importante, del tema della mobilità, dell’istruzione o dell’inclusione. Tematiche anch’esse ancora oggi molto disattese.
Vi racconto semplicemente un recente episodio.
Qualche giorno vengo contattato dal tecnico di fiducia dell’istituto medico che segue mio figlio e mi annuncia che l’ausilio posturale necessario in corso di prescrizione, quello che dovrebbe impedire l’atrofia dei tendini e l’inesorabile contrazione progressiva dei muscoli nonché salvaguardare la stabilizzazione delle anche, prevede una spesa extra a carico della famiglia pari a due mesi di stipendio di un lavoratore precario o a tre di un pensionato sociale o cassaintegrato.
Tutto ciò perché il famigerato “nomenclatore” * non contempla i codici necessari affinché il Sevizio Sanitario Nazionale fornisca in maniera totalmente gratuita lo strumento in questione.
Sempre a danno di mio figlio abbiamo dovuto rinunciare all’attività terapeutica in acqua perché la sua disabilità rende necessaria una specifica sedia che l’ASL, questa volta, non concede affatto.
La suddetta sedia costa due mesi di stipendio di un impiegato di buon livello. Come se non bastasse l’associazione a cui “doniamo” circa 10.000 euro annui e che si occupava della terapia in piscina non ha voluto acquistarla nemmeno usata (ma questo è un’altra annosa questione che parla di business della sofferenza, sciacallaggio e finto buonismo).
Ora, la mia, la nostra richiesta è di mollare un po’ il colpo con il turpiloquio e la zuffa politica, le incalzanti richieste di dichiarazioni di antifascismo e concentrarvi sulla riforma e l’aggiornamento di quegli strumenti che, senza costringere i genitori e i parenti dei disabili a tristi espedienti per amore, restituiscano la dignità, la considerazione, in una parola la VITA a chi ha già un peso sul cuore che solo noi dobbiamo gestire, con cui solo noi conviviamo e che nemmeno voi potreste mai toglierci anche se foste realmente al servizio dei cittadini!
Grazie
Marco Petruzzella
* In base al cosiddetto “Nomenclatore degli ausili, ortesi e protesi” (Decreto Ministeriale 332 del 27 agosto 1999), i cittadini con menomazioni e disabilità invalidanti hanno diritto alla fornitura di protesi, ortesi e ausili tecnici: carrozzine, letti ortopedici, deambulatori, arti artificiali, protesi oculari e acustiche, busti, collari ecc… e materiale per stomìe e incontinenza.
(In copertina, l’appello sul Corriere della Sera)
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